Oltre 5 anni fa ho scritto l’articolo “Quanto può vivere la vite?” e oggi sono maturati i tempi per scrivere un aggiornamento.
Il pianeta spesso ci sorprende con le sue risorse e recenti scoperte in Sardegna hanno contribuito in maniera assolutamente straordinaria a stupirci con la sua natura e con la sua biodiversità.
L’Ogliastra è una provincia che amo per un numero considerevole di ragioni.
Ci sono le spiagge che io ritengo tra le più belle del mondo, in particolare Cala Goloritzé mi ha lasciato senza fiato, Cala Mariolu, la spiaggia di Cea, Cala Sisine, Foxi Manna, Su Sirboni, Cala dei Gabbiani, Torre di Barì, Sa perda ‘e pera e tante altre.
Ci sono gli ulivi più antichi e grandi del mondo, cultivar Olivastro soprattutto a Santa Maria Navarrese, belli e in grado di rapire il tuo sguardo per ore intere, alcuni esemplari monumentali sono millenari.
In Ogliastra c’è anche l’aspettativa di vita più alta del mondo, il più alto numero di centenari in rapporto alla popolazione.
In Ogliastra sono stati trovati diversi recipienti che hanno contenuto vino più di mille anni fa.
Come se non bastasse in Ogliastra recentemente, nel territorio comunale di Urzulei, nella zona denominata Bacu e Biladesti, è stata rinvenuta una vite la cui circonferenza è pari a 134 cm e i cui rami misurano oltre 40 metri.
Si tratta di un esemplare di Vitis sylvestris la cui età è stimata in circa mille anni, che la pongono nettamente in prima posizione tra le viti più vecchie del mondo.
Il fatto non era del tutto ignoto, in quanto per secoli i pastori locali si sono tramandati la notizia della presenza di una vite selvatica considerata millenaria, di grande sviluppo.
Peraltro non si tratta di un esemplare unico, nella zona tra Codula e il Monte Bidicolai si trovano numerosi esemplari della vite selvatica, che in sardo viene chiamata “sandalu”.
Va detto che la Vitis Sylvestris, secondo quanto afferma il Professor Mario Fregoni, è la madre del 99% dei vitigni coltivati oggi nel mondo.
La Vitis Sylvestris non è ermafrodita, si tratta di una vite dioica e questo esemplare millenario è di sesso maschile.
Rimasta selvatica nei boschi per milioni di anni, la tradizione vuole che sia stata domesticata per la prima volta da Noè sul Monte Ararat dopo il diluvio universale (Genesi, Bibbia), circa 10 mila anni a.C.
Il Monte Ararat, alto ben 5.137 metri, dunque più del Monte Bianco, oggi fa parte del territorio della Turchia, ma storicamente aveva fatto parte dell’Armenia. Infatti nella lingua armena Ararat significa “Creazione di Dio”, dunque anche l’etimologia è armena.
La domesticazione
La domesticazione più ampia della Vitis Sylvestris, che la trasformò da vite dioica a vite ermafrodita, ossia in Vitis vinifera sativa, oggi comprendente oltre 20.000 varietà selezionate, prese il via nel Neolitico, 6.000 anni a.C., in Anatolia, nel Caucaso ed in Mesopotamia e proseguì nei successivi millenni, per concludersi nell’Europa centrale in epoca romana, dunque fu una domesticazione policentrica.
Questo policentrismo ha portato a creare tre grandi gruppi geneticamente ed ampelograficamente differenti, denominati Proles orientalis, Proles pontica e Proles occidentalis.
Oggi è la Proles occidentalis a dominare in campo internazionale.
La domesticazione in Italia
La domesticazione della Vitis sylvetris in Italia si è svolta a partire da 5 mila anni a.C. in Abruzzo, Puglia e Sicilia poi verso il 3° millennio a.C. risultano testimonianze in tutte le Regioni, con la selezione dei vitigni autoctoni.
Vitis sylvestris esistono ancora, in particolare, in Lazio, Toscana, Abruzzo, Calabria e Sardegna, ma in Alto Adige presso il castello di Katzenzungen si conserva una pergola di Vitis vinifera sativa, varietà Versoaln, franca di piede, di 350 anni, di cui ho parlato nell’articolo “Quanto può vivere la vite?” https://www.coppiere.it/2014/04/quanto-puo-vivere-vite/
Tornando al monumentale esemplare di Urzulei, sappiamo che è attorniato da una ventina di esemplari femminili e di piante ermafrodite, portanti grappoli.
Le viti sono probabilmente nate da vinaccioli disseminati grazie all’azione degli uccelli.
Le caratteristiche ampelografiche dei maschi, delle femmine e delle ermafrodite sono facilmente rilevabili, grazie alle evidenti differenze dei fiori, dei vinaccioli, delle bacche e delle foglie.
Infatti, in particolare i pampini, nelle dioiche sono interi o leggermente trilobati e nelle ermafrodite pentalobati.
Altro dettaglio interessante è sui vinaccioli, quelli della Vitis sylvestris sono corti, globosi, cuoriformi e con becco poco pronunciato, mentre quelli della Vitis vinifera sono allungati, piu grandi e piriformi.
Stummer ha creato nel 1911 un indice basato sul rapporto diametro orizzontale/diametro verticale del vinacciolo, secondo il quale se il rapporto è tra 0,76 e 0,83 si tratta di Vitis sylvestris, se tra 0,44 e 0,53 si tratta di Vitis vinifera. Chiaramente esiste una “zona franca” tra 0,53 e 0,76 in cui non si ha la certezza di poter stabilire l’esatta entità tassonomica.
Probabilmente molti ritrovamenti archeologici di vinaccioli caratterizzati dal rapporto tra i due diametri tra 0,53 e 0,76 fanno pensare a una specie di vite paradomestica, anello di congiunzione tra Vitis sylvestris e Vitis vinifera sativa.
Senza dilungarci troppo possiamo comunque affermare che la vite può vivere anche più di mille anni.
Altro che “vieille vigne” come generalmente definiamo viti di oltre 40 anni!
Per adesso non disponendo di vini prodotti da vigneti millenari mi accontento di alzare il calice con un Nipozzano vecchie viti Chianti Rufina riserva.
Salute
La sardegna con le sue splendide spiagge e i suoi splendidi colori del mare è anche cosi importante per i vitigni. Interessante. Sempre molto dettagliato, chiara e spiegata semplicemente per chi non è del mestiere la storia dei più antichi vitigni del mondo. Grazie
Grazie Patrizia, sulla Sardegna tempo fa scrissi anche “Dove è nato il Cannonau o Grenache o Garnacha?” https://www.coppiere.it/2015/02/dove-nato-cannonau-grenache-garnacha/. Se ti interessa è ancora molto attuale.