Scrivere di Pinot noir senza essere prolissi è compito impossibile, comunque ci provo.
Molte storie circolano sul pinot nero, uno dei vitigni capaci di generare vini di qualità eccelsa, probabilmente i migliori del mondo.
Naturalmente ognuno cerca di portare a sé, ai propri luoghi, l’origine di questo vitigno e se ne sentono e se ne leggono veramente di tutti i colori.
Io sono meticoloso per natura e da anni leggo tutto quello che posso e cercherò di non prendere posizioni “di parte”.
Il vitigno che Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia individua come Helvolae e Columella come Helvinium minusculum potrebbe essere il genitore degli attuali Pinot, anche se alcuni sostengono che l’antenato del Pinot nero sia la Vitis Allobrogica. Secondo me questa seconda ipotesi è abbastanza improbabile, visto che Plinio quando parla di Vitis Allobraga recita così: “..Retica Allobrogica fecundae tamen bonitatibus vice copiam praestant…” Cioè la Retica e l’Allobrogica, grazie alla loro fecondità, compensano la loro scarsa qualità con l’abbondanza. Non mi sembra proprio che questo possa ricondurre al Pinot nero.
Nella famiglia delle Helvolae o Varianae, Plinio inserisce vitigni simili tra loro e di pigmentazioni diverse o addirittura cangianti, riconducibili al Pinot nero, al Pinot grigio ed al Pinot bianco.
Il grande naturalista romano scrive che questo vitigno, soprattutto quello a frutto più scuro, è in grado di produrre ottimi vini, in particolare quando le rese sono molto contenute.
Il Pinot nero ha diversi sinonimi: Pineau de Bourgogne, Franc Pineau, Noirien, Franc Noirien, Salvagnin, Morillon, Auvernat, Auvernaut noir, Plante Doré, e Vert Doré, Blauburgunder, Blauer Spätburgunder, Clävner, Blauer-
Klävner, Schwarzer Riesling, Möhrchen, Schwarzer Burgunder, Blauer Nürnberger e Nagyburgunder.
Il nome Pinot è certamente riconducibile alla forma dei grappoli, che sono piccoli e dalla forma simile a una pigna.
Il primo autore che cita la parola “Pynos” con riferimento al vino è il poeta Eustache Deschamps nella “Ballade
de la verdure des vines” (XIV sec) e pochi anni più tardi, nel 1394 troviamo il termine “Pinoz”, inteso come plurale di Pinot, in uno scritto di Lacurne de Sainte-Palaye.
Va detto che il Pinot nero geneticamente sembra avere un patrimonio per l’80% selvatico, dunque dovrebbe essere un vitigno “arcaico” genitore di molti altri vitigni.
Capostipite dei Pinots dal quale, per mutazione, hanno preso origine il Pinot bianco, il Pinot grigio, il Pinot Meunier e alcuni altri biotipi. Inoltre il Pinot noir è anche uno dei genitori dello Chardonnay, (l’altro è il Gouais vitigno di origine Dalamata).
Altri illustri “eredi” del Pinot noir sono: Gamay noir, Aligoté, Auxerrois, Melon, Pinotage e Lagrein, poi ci sono i discendenti di secondo grado, come il Syrah, che è “figlio” del Dureza, a sua volta “fratello” del Teroldego, che è anche padre del Lagrein…..
Per ottenere un giusto livello di qualità devono essere innestati su portinnesti a bassa vigoria e preferiscono suoli poco profondi.
Quando si parla di Pinot noir si parla del vitigno considerato miglior interprete del territorio.
Questa affermazione così categorica significa che siamo davanti a un vitigno difficile da coltivare, molto esigente quanto a giacitura e scelta del portinnesto.
Soprattutto siamo davanti a un vitigno capace di dare vini emozionanti su suoli particolarmente adatti alle sue caratteristiche e in presenza di agronomi o viticoltori in grado di comunicare con questo straordinario vitigno; al contrario su suoli meno adatti e con viticoltori non in grado di assecondarne le esigenze, produce vini mediocri o banali.
In ogni caso non è un segreto che spesso a distanza anche di pochi metri si ottengano vini molto diversi, a volte mantenendo livelli qualitativi eccellenti, nella diversità.
Per selezione clonale s’intende un miglioramento genetico e sanitario di tipo vegetativo basato sull’individuazione e moltiplicazione, all’interno di una varietà, di biotipi con caratteristiche particolari, derivanti da mutazioni gemmarie che accadono spontaneamente in vigneto, ed esenti da patologie virali nocive. Si può sostanzialmente affermare che tutte le varietà oggi coltivate, compreso il Pinot nero, sono popolazioni di cloni, cioè presentano al proprio interno una variabilità genetica naturale in termini di adattamento all’ambiente, resistenza alle malattie e attitudini enologiche.
Per avere vini di altissimo livello qualitativo è opportuno un vigneto policlonale: una policlonalità della stessa cultivar esalta al massimo le caratteristiche della varietà e non crea problemi nella gestione e nella conduzione agronomica del vigneto.
Tra i cloni “particolari” di Pinot noir esistono i cosiddetti Pinot noir “droit” che hanno un portamento eretto, diffusi sia in Borgogna, ma mai nei crus, che in California, Oregon e Australia, mentre alla macrofamiglia dei Pinot noir “tordu” cioè ricadenti, appartengono cloni in grado di dare vini più importanti grazie anche alle rese più contenute.
Il Pinot nero è certamente una delle varietà più soggette a variabilità genetica e il numero dei cloni e delle selezioni massali è immenso.
Per esempio è noto che la foglia di Pinot nero sia tondeggiante o più di rado vagamente trilobata, ma la notevole variabilità clonare è tale al punto che non sia improbabile incontrare cloni di Pinot nero con foglie pentalobate.
I cloni più utilizzati in Champagne sono selezionati per le rese alte e le alte acidità, contrariamente ai cloni preferiti in Borgogna, dove si privilegiano quelli in grado di esprimere sentori di piccoli frutti di bosco e basse rese.
In particolare si preferiscono per la spumantizzazione i cloni: 236, 386, 388, 389,521,665,666, 743, 779, 792, 870, 871,872, 927.
Per quanto riguarda la Borgogna di solito si utilizzano selezioni policlonali, con buon utilizzo del 777 e dell’828 oltre al 114; 115 e 667 che sovente vengono innestati su portinnesti Fercal e 161-49C.
43 i cloni riconosciuti in Borgogna.
Il Pinot noir ha il germogliamento in epoca media; fioritura in epoca media e maturazione precoce.
Molto interessanti i cloni descritti dall’Institut Français de la Vigne et du Vin, che poi è l’ente frutto della fusione tra l’Etablissement National Technique pour l’Amélioration de la Viticulture (ENTAV) et l’Institut Technique de la Vigne et du Vin (ITV France).
Iniziamo dal Pinot noir INRA Clone 113: National ID 2901
Questo clone è stato individuato a Morey St. Denis
Le gemme sono “pelose”, le foglie da giovani sono pallide e frastagliate.
Foglie adulte: trilobate, seni peziolari leggermente aperti, dentellatura poco pronunciata e lati convessi.
Ha bisogno di legatura precoce.
Grappolo a forma di pigna, raramente alato, piccolo o medio, compatto con un breve gambo, lignificato.
Mediamente un grappolo ha 100 acini del peso medio di 0,9 grammi, da cui si deduce il peso medio di 90 grammi a grappolo.
La pigmentazione è molto contenuta e genera vini piuttosto scarichi di colore.
Il clone INRA 114: National ID 1601
Si diversifica dal 113 per la foglia pentalobata, seni laterali profondi, seno peziolare leggermente aperto, faccia superiore delle foglie verde scuro, alquanto bollosa, leggermente increspata. Un profilo contorto e bordi tendenzialmente rivolti.
Ha una certa tendenza all’acinellatura, la pigmentazione è piuttosto pronunciata.
Il grappolo ha mediamente 95 acini e pesa mediamente 85 grammi.
Il clone INRA 115: National ID 1602
Anche questo clone ha foglia pentalobata con i seni laterali profondi e quelli mediali appena accennati, la particolarità consiste nelle linee convesse dei tratti normalmente retti dei denti.
Il grappolo mediamente simile a quello del clone 114.
Medio alta la resa zuccherina, mosti molto profumati e pigmentazione molto superiore alla media.
Il clone INRA 667: National ID 1611
La foglia tondeggiante a volte con 5 lobi appena accennati, verde scuro, molto bollosa, profilo contorto con bordi rivolti.
Il grappolo è conico, a gradini, molto compatto.
Gli acini sono di dimensioni eterogenee.
Germoglia, fiorisce e matura più tardi della media del vitigno.
Suscettibile alla muffa grigia.
Produce mosti molto colorati, tannici, dal bouquet intenso, zuccheri leggermente sopra la media e acidità leggermente inferiore alla media.
Spesso si coltiva insieme al 115, non ama temperature eccessive.
Il Clone INRA 777: National ID 1617
Foglie piccole, trilobate, verde scuro, con denti corti.
Grappolo piccolo, mediamente tra i 50 e i 90 grammi, conico, compatto, con peduncoli corti che lignificano precocemente.
Acini piccoli eterogenei, sferici.
Germoglia tardi, fiorisce tardi e matura presto.
Produce mosti colorati, tannici, dal bouquet intenso e complesso, contenuto zuccherino sopra la media e acidità inferiore alla media.
Clone 828: simile al 777, ma acini leggermente più grandi, ottimo potenziale zuccherino, buona acidità e notevole patrimonio di polifenoli.
Caratteristiche enologiche generali
Parlando di Pinot noir in generale si parla di colorazioni non molto intense perché quanto a pigmenti antocianici, il Pinot Noir è caratterizzato dall’assenza o dalla ridotta quantità di antociani acilati, che rappresentano i pigmenti più stabili e dalla presenza di glucosidi liberi, di fatto antociani meno stabili.
Inoltre il Pinot noir ha molti vinaccioli, mediamente oltre 2 e mezzo per acino, che quando perfettamente maturi (come diceva Plinio i vinaccioli devono essere maturi al momento della vendemmia), apportano una quantità di tannini utili a fissare il colore dei pochi antociani stabili.
Parlando di vinificazione in rosso, il pinot nero esprime spesso note fruttate di amarena, mirtillo, ribes, lampone e fiore di zagara che chimicamente sono gli etil- e i metil-cinnamati e antralinati, sembra che nel pinot noir maturo siano presenti i substrati di partenza per creare questi composti durante la fermentazione.
Oggi il Pinot noir è il decimo vitigno più coltivato al mondo occupando 86.662 ettari.
Anche in Francia si piazza al decimo posto con 26.550 ettari.
Il secondo paese per superficie coltivata a Pinot noir è la Moldova, quindi gli USA, la Svizzera e quindi l’Italia.
Peraltro il Pinot noir è il secondo vitigno più coltivato in Svizzera, il sesto in Moldova e l’ottavo negli USA.
Si tratta del vitigno più coltivato in Champagne, dove è coltivato su circa 13 mila ettari e il secondo più coltivato in Borgogna con oltre 10 mila ettari.
Rischio di cadere nella più banale retorica dicendo che dal Pinot nero si ottengono alcuni tra i migliori vini rossi del mondo e alcuni tra gli Champagne e comunque tra i vini spumanti migliori del mondo.
Salute!
non dobbiamo dimenticare il Pinot Noir in Nuova Zelanda, sopratutto nella zona di Central Otago, dove un produttore che si chiama Felton Road fa delle piccole meraviglie!
Effettivamente Felton Road utilizza 3 cloni (B667, B777, B115) tutti “tordu”, contrariamente a quanto si usi nel nuovo mondo, dove normalmente si utilizzano cloni “droit”. Vero anche che non è solo il clone a fare la differenza, comunque confesso di non averlo mai assaggiato!!!
Felton Road, azienda biologica certificata Demeter, dichiara di utilizzare 3 diversi portinnesti, ottenendo 9 combinazioni clone-portinnesto. Il 101-14 preferisce terreni argillosi, il 3309 è piuttosto discusso in quanto teme sia l’umido che il secco, dunque molto esigente e mirato a terreni e climi “perfetti”, il Riparia Gloire tende ad essere molto vigoroso e va gestito in potatura.